dicembre 19, 2016 -
Esercizi,racconto,realistico
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Esercizi,racconto,realistico
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The right answer
Anche oggi propongo qualcosa di leggero (😂), un lavoro che abbiamo cominciato a introdurre durante l'ultima lezione di Scrittura Creativa. Il compito era quello di iniziare un racconto che contenesse i primi tre passaggi del "Viaggio dell'Eroe": il MONDO ORDINARIO, il RICHIAMO ALL'AVVENTURA e il RIFIUTO DELLA CHIAMATA. Mentre sono passaggi abbastanza semplici da riconoscere in racconti fantasy o di azione, credo che sia molto più difficile gestirli in storie realistiche, per questo ho deciso di scrivere il post di questa settimana basandomi su queste due indicazioni: l'esercizio che abbiamo svolto in classe e un argomento che per me non è così immediato. Non so se sono riuscita nel mio intento, lascio giudicare a voi.
Alice beveva all'angolo del bancone di finto noce del bar, sola e in silenzio. In quel momento per lei non esisteva niente e nessuno, se non il bicchiere di vetro e il suo contenuto ramato dal profumo di frutta matura e vaniglia. Era al suo quarto giro e probabilmente aveva già speso più di quanto avrebbe dovuto, ma questa volta non le bastava il rum da quattro soldi che comprava solitamente al supermercato in fondo alla via.
Questa volta la faccenda era seria.
Tre mattine fa si era svegliata con una nausea da far impallidire i dopo-sbronza di suo padre e un mal di testa che le impediva persino di mettere un pensiero di seguito all'altro. Niente di particolarmente strano, non era la prima volta che ubriacarsi le aveva creato quei problemi, anche se mai così forti.
Come al solito, per risolvere la questione si era presa un paio di pastiglie, si era fatta una doccia veloce e poi era uscita per iniziare il suo turno. Era arrivata alla topaia di fastfood dove lavorava quasi in anticipo, ma da quel momento le cose avevano cominciato ad andare tutte storte.
Appena messo piede nella stretta viuzza dove si trovava la porta secondaria del locale, quella riservata ai dipendenti, il suo naso aveva iniziato a protestare a causa del persistente tanfo di fogna e piscio che si mescolava alla puzza di marcio della pattumiera. Quando poi si era avvicinata all'uscio era stata investita dall'odore dell’olio bruciato nella friggitrice, e il suo stomaco si era rivoltato, facendola finire a vomitare bile e succhi gastrici nel cassonetto del locale.
Non capiva cosa le stesse succedendo, non le sembrava di essere andata così fuori fase la sera prima, anzi era stata abbastanza soddisfatta di essere riuscita a tornare a casa sulle sue gambe, per quanto malferme. Certo, non poteva essere sicura di cosa fosse accaduto nei minimi dettagli, alcuni momenti della festa erano un completo black out, ma anche quella non era una novità .
Si era andata a sciacquare la faccia prima di mettersi la divisa e filare a lavoro, ma un senso di nausea costante l’aveva accompagnata per tutto il giorno, soprattutto quando doveva assemblare i panini caldi e le arrivava addosso la zaffata di carne alla griglia.
Solo l’arrivo di Enrica era riuscito a strapparle un sorriso. Era la più anziana tra loro, una donna robusta, dal viso paffuto e la voce dolce come il miele che non risparmiava mai un complimento o una parola gentile, ma che non si tratteneva neanche dal fare lavate di capo, se pensava che ce ne fosse bisogno. Era stata lasciata a casa dall'azienda dove aveva lavorato per trentacinque anni senza passare nemmeno dalla cassa integrazione e si era ritrovata a dover accettare un lavoro di merda per riuscire a campare per i sei anni che le mancavano alla pensione.
Alice le voleva bene, era la persona che più di ogni altra si preoccupava per lei e per la sua salute.
Quando la calca dei clienti era scemata, Enrica le si era avvicinata e le aveva chiesto cosa le succedesse. Alice era stata evasiva, si sentiva sempre una schifezza dopo che la donna veniva a sapere di quello che combinava con l'alcol e le feste, anche se non l'aveva mai giudicata.
Quella volta, però, il suo sguardo era molto serio. Non era convinta che fossero i classici sintomi di una sbronza e più volte le aveva chiesto se per caso avesse ritardi con il ciclo.Alice non ne aveva la più pallida idea. La sua vita era diventata un tale macello che aveva smesso di preoccuparsi di quelle inezie. Si limitava ad alzarsi, andare a lavoro e bere.
Bere era il momento migliore della giornata.
Quando finalmente poteva uscire da quello schifo di fastfood e andare nel suo negozietto di fiducia per comprare la usa bottiglia giornaliera, il suo morale saliva. Non si sentiva bene, ma a quello avrebbe pensato l'alcol di li a qualche ora, portandosi via tutte le preoccupazioni, i pensieri e le cazzate.
Le giornate migliori, poi, erano quelle delle feste, quando veniva invitata da qualche "amica" ad arrotondare lo stipendio. In quelle circostanze, di alcol ce n'era abbastanza da poter bere fino a star male, senza preoccuparsi dei soldi che le uscivano dalle tasche.
Solo il giorno dopo si era finalmente decisa a seguire il consiglio di Enrica, anche se solo per non farla più preoccupare inutilmente. Non si era in nessun modo posta il problema che potesse avere ragione, invece il test di gravidanza era risultato positivo. Era stato uno shock, abbastanza pesante da farla tornare sobria come non lo era da tempo.
Aveva cominciato a pensare a cosa volesse dire per lei aspettare un bambino, con il suo lavoro precario, la casa che era solo un monolocale con un letto e un buco per cucinare, i soldi che non le bastavano per arrivare a fine mese. Aveva cominciato a pensare a quali cambiamenti avrebbe potuto comportare la decisione di tenerlo. Per qualche ora, l'idea di diventare madre l'aveva davvero sfiorata, il sogno di poter essere migliore dei suoi genitori e soprattutto di poter fare qualcosa di buono. Poi, però, si era ricordata dell'alcol, di cosa volesse dire per lei dover ricordare. Sarebbe stata in grado di sistemare la sua vita, di gestire qualcosa di così importante?
Era quello il motivo per cui, ora, si trovava nel bar a tracannare il suo rum costoso nella sua giornata libera.
Diventare madre? Lei? La decisione era troppo difficile da prendere, figurarsi senza l'aiuto di un po' di coraggio liquido. Al secondo bicchiere, con sua grande gioia, si era riuscita a calmare. Al terzo aveva iniziato ad accarezzare uno stato di pace, sufficiente a rendersi conto di non voler rovinare il momento pensando a qualcosa di così serio e difficile, ma non riusciva a tenere l'idea del coso che gli cresceva in grembo lontana. Al quinto bicchiere, finalmente, era riuscita a raggiungere il suo scopo. Ora non pensava più a nulla di sensato.
2 commenti:
Direi bene! ;-)
XD Evvai!!
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