Welcome

Che tu sia capitato qui per caso o su invito, sono lieta di poterti accogliere!

Questo è un blog nato per contenere esercizi di scrittura. Una specie di agenda di lavoro o, meglio, un archivio pubblico.
Quello di cui ho bisogno è un luogo dove archiviare storie e racconti che mi permetta di non accantonare, di non sfuggire a quello che la mia mente crea oggi, per quanto queste idee possano sembrarmi sciocche e scontate.
Un luogo in cui ritrovare e analizzare con occhio critico quello che ho scritto e scriverò nel corso del tempo, un luogo in cui esercitarmi con regolarità senza accampare scuse.
Ma, soprattutto, è uno spazio che spero mi costringa ad abituarmi a non rinchiudere in un cassetto quello che creo, che mi faccia confrontare con altri sul mio lavoro, perché una storia non esiste mai completamente senza qualcuno che la legga.

Non sempre posterò racconti completi, anche se vorrei che fossero la base di questo blog. La mia intenzione è anche solo quella di inserire progetti in fase di studio, lavorazioni incompiute, idee sulle quali mi piacerebbe basare storie future, analisi di lavori passati.

Tutto questo per cercare di migliorare la mia scrittura e me stessa.

martedì 13 dicembre 2016

dicembre 13, 2016 - ,, No comments

TAROT - The Tower


Sedeva a gambe incrociate, con la schiena dritta e gli occhi chiusi. Il suo respiro era profondo e regolare, la sua mente silenziosa. Sembrava quasi dormisse, uno di quei sonni profondi e senza sogni che si dice benedicano le notti dei santi.
In verità, chiunque avesse sentito parlare di lui lo avrebbe considerato molto più simile a un demone. Chi avesse avuto la sfrontatezza di guardarlo in volto, poi, avrebbe visto nei suoi occhi la stessa apatia che regnava nel suo cuore, e chi avesse ascoltato i suoi discorsi, con tutta probabilità, avrebbe rabbrividito di fronte alla sua freddezza, considerandolo un sanguinario, un uomo pericoloso e crudele.
Come sempre, però, la realtà è più complessa di quello che sembra.

Grosse gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo grigio, pizzicandogli la pelle con la loro frescura ristoratrice. Il suo corpo rimase immobile, la sua mente sgombra, ma tutti i suoi sensi cominciarono a ridestarsi, richiamati alla vita.
Sentiva il cinguettare degli uccelli tra le fronde e il respiro lieve dei suoi uomini, avvertiva il tenue picchiettio dell'acqua sulle foglie, il profumo della terra bagnata e dell'erba umida che si mischiavano al rumore dei pianti disperati dei bambini e all'odore dei fumi venefici della città, trasportati dalla leggera brezza che soffiava da nord.

Il sole cominciò a calare lentamente oltre l'orizzonte, facendo scemare anche il poco di luce che filtrava tra le nuvole. Un lampo improvviso illuminò l'oscurità dietro alle palpebre chiuse dell'uomo e un tuono rimbombò nel cielo, quasi a richiamarlo alla vita. Lo scroscio della pioggia aumentò d'intensità e volume, comprendo qualunque altro suono. Il suo mantello scuro era ormai zuppo e freddo, pesante per il peso dell'acqua.
Una goccia solitaria gli scivolò dal cappuccio, percorrendo i lineamenti appuntiti e impassibili di quello strano volto mentre una folata di vento agitava i rami più giovani e spazzava l'erba tenera della radura.

I fulmini cominciarono a susseguirsi nel cielo, sempre più veloci e sempre più vicini. Sembrava che Zeus in persona dovesse scendere sulla terra per far sprofondare l'umanità in una nuova apocalisse. I cavalli, legati a qualche metro dalla radura, nitrivano spaventati e scalpitavano, cercando di scappare. Gli uccelli che fino a poco prima rallegravano la foresta con le loro melodie sembravano repentinamente spariti. Persino i suoi sottoposti si guardavano l'un l'altro con apprensione.
Solo lui rimaneva completamente immobile, come se niente tutto quello che lo circondava fosse importante.

Poi, all'improvviso, l'aria divenne elettrica. Un fulmine cadde dal cielo e colpì l'albero davanti all'uomo in un'esplosione di luce. Qualcuno urlò per la sorpresa, uno dei cavalli ruppe i finimenti, scappando impazzito.
Quando la luce tornò normale, il grande abete che fino a poco prima dominava la radura aveva la punta della chioma spezzata, una profonda spaccatura che correva lungo tutto il tronco e, dove il lampo aveva colpito, stava iniziando a bruciare.

L'uomo aprì gli occhi, con la stessa calma di chi si sveglia dopo una lunga notte di sonno. Le sue iridi ambrate si posarono sulle fiamme, catturandone ogni sfumatura e riflettendone ogni bagliore, tanto da sembrare di metallo incandescente.
La sua voce cavernosa risuonò tra gli alberi, coprendo il crepitio del fuoco, il rumore della pioggia e il soffiare del vento senza nessun tipo di difficoltà.
-È giunto il momento- disse semplicemente.
Quella sarebbe stata una notte di dolore e di morte perché niente poteva sfuggire al Cambiamento.

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